Nel passaggio dal PRG al PRC (PAT + PI) o nelle varianti ai piani stessi, si osserva frequentemente la permanenza di disposizioni in contrasto con il rinnovato quadro normativo “fluido” ed in continua evoluzione, che si traduce in una “sedimentazione” di norme e disposizioni la cui origine sfuma nel tempo e il cui spessore è inversamente proporzionale alla chiarezza e all’efficacia.
Il Consiglio di Stato (sentenza 2863/2015) ha ritenuto,inoltre, che “pur in presenza di una palese violazione dell’ordinamento urbanistico, il Comune è vincolato a dare attuazione alla disciplina che esso stesso ha adottatonon avendo l’organo tecnico il potere di disapplicare una propria disposizione cogente, fino a quando quella disposizione non sia annullata attraverso l’azione dello stesso strumento consiliare deputato all’adozione della disciplina urbanistica”. In altre parole il tecnico comunale non ha la possibilità di disapplicare una disposizione approvata dal Consiglio Comunale.
Ai fini di una corretta interpretazione dei possibili effetti sull’efficacia del Piano, ci pare pertanto necessario procedere ad un’attenta revisione dello stesso finalizzata a riconoscere quando la disposizione sia meramente ricognitiva di una disposizione sovraordinata che opera “ex se” e quando, invece, agisca nell’ambito proprio della pianificazione: nel primo caso la disposizione del Piano in contrasto con l’ordinamento può essere disapplicata in quanto inefficace ab origine; nel secondo, invece, deve essere applicata fino a quando vigente.
Secondo l’interpretazione proposta ai comuni dalla Provincia di Vicenza (6.8.2013), alla prima fattispecie è riconducibile la disciplina delle fasce di rispetto cimiteriale e della loro riduzione, da rileggersi oggi alla luce del comma 4.bis dell’art. 41 della LR 11/’04 introdotto dalla LR 4/2015 (che rischia di aggiungere problemi piuttosto che introdurre soluzioni). Si ritiene, altresì, riconducibile alla medesima fattispecie la disciplina del Codice della Strada almeno nella parte in cui opera indipendentemente dallo strumento urbanistico (ma bisogna considerare che l’art. 27, comma 15 della LR 61/’85 non escludeva ampliamenti dei fabbricati esistenti all’esterno del centro abitato purché non sopravanzanti).
Alla seconda fattispecie appartengono, invece, tutte le scelte riconducibili alla “discrezionalità” del Piano stesso: dalle modalità insediative negli ambiti di edificazione diffusa (ma talora ricadenti in zona agricola), alla specifica classificazione di zona (A,B,C,D,E,F) anche se prive delle caratteristiche richieste dall’art. 2 del DM 1444/’68, alla definizione dei parametri stereometrici, ecc.
Non si tratta, tuttavia, soltanto della legittimità della specifica disciplina di Piano ma anche della coerenza delle sue scelte in rapporto alla pianificazione sovraordinata (PTRC, PTCP…): serve ricordare che ogni Amministrazione Comunale avrebbe dovuto attivare entro il 2 maggio 2013 il procedimento direvisione dello strumento urbanistico in adeguamento al PTCP della Provincia di Vicenza secondo le procedure previste dalla legge?